Zelboraf

    Ultimo aggiornamento: 28/03/2024

    Cos'è Zelboraf?

    Zelboraf è un farmaco a base del principio attivo Vemurafenib, appartenente alla categoria degli Antineoplastici e nello specifico Inibitori serina-treonina chinasi B-Raf (BRAF). E' commercializzato in Italia dall'azienda Roche S.p.A..

    Zelboraf può essere prescritto con Ricetta RNRL - medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta, vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti.


    Confezioni

    Zelboraf 240 mg 56 compresse rivestite con film

    Informazioni commerciali sulla prescrizione

    Titolare: Roche Registration Limitetd
    Concessionario: Roche S.p.A.
    Ricetta: RNRL - medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta, vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti
    Classe: H
    Principio attivo: Vemurafenib
    Gruppo terapeutico: Antineoplastici
    ATC: L01EC01 - Vemurafenib
    Forma farmaceutica: compresse rivestite


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    Indicazioni

    Perché si usa Zelboraf? A cosa serve?
    Vemurafenib è indicato, in monoterapia, per il trattamento di pazienti adulti con melanoma inoperabile o metastatico, positivo alla mutazione del BRAF V600 (vedere paragrafo 5.1).

    Posologia

    Come usare Zelboraf: Posologia
    Il trattamento con Vemurafenib deve essere iniziato e supervisionato da un medico qualificato, esperto nell'uso di medicinali antitumorali.
    Prima di iniziare la terapia con vemurafenib, si deve accertare la presenza della mutazione BRAF V600 nel tessuto tumorale dei pazienti, mediante un test validato (vedere paragrafi 4.4 e 5.1).
    Posologia
    La dose raccomandata di vemurafenib è di 960 mg (4 compresse da 240 mg), due volte al giorno, (equivalente ad un dosaggio giornaliero complessivo di 1.920 mg). Vemurafenib può essere assunto con o senza cibo, tuttavia deve essere evitata una costante assunzione di entrambe le dosi giornaliere a stomaco vuoto (vedere paragrafo 5.2).
    Durata del trattamento
    Il trattamento con vemurafenib deve protrarsi fino alla progressione di malattia o allo sviluppo di un livello inaccettabile di tossicità (vedere la tabella 1 e 2 di seguito riportate).
    Dimenticanza di dosi
    Qualora venga dimenticata una dose, è possibile assumerla fino a 4 ore prima della dose successiva, al fine di mantenere il regime di due volte al giorno. Non si devono assumere due dosi contemporaneamente.
    Vomito
    In caso di vomito dopo la somministrazione di vemurafenib, il paziente non deve assumere una dose supplementare del medicinale ed il trattamento deve essere continuato come al solito.
    Adeguamenti della posologia
    È possibile che la gestione di reazioni avverse da farmaco o il prolungamento dell'intervallo QTc richiedano una riduzione della dose, l'interruzione temporanea e/o la cessazione del trattamento (vedere tabelle 1 e 2). Non sono raccomandati adeguamenti della posologia che comportino una dose inferiore a 480 mg due volte al giorno.
    Qualora il paziente sviluppi un carcinoma cutaneo a cellule squamose (cuSCC), si raccomanda di continuare il trattamento senza modificare la dose di vemurafenib (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
    Tabella 1: Schema di modifica della dose in base al grado di qualsiasi evento avverso (AE) 
    Grado (CTC-AE) (a)
    Modifica della dose raccomandata
    Grado 1 o Grado 2 (tollerabile)
    Mantenere vemurafenib a una dose di 960 mg due volte al giorno.
    Grado 2 (intollerabile) o Grado 3
     
    1a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 2 o 3
    Interrompere il trattamento fino al grado 0-1. Riprendere alla dose di 720 mg, due volte al giorno (o 480 mg, due volte al giorno, se la dose è già stata ridotta).
    2a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 2 o 3, o persistenza dopo l'interruzione del trattamento
    Interrompere il trattamento fino al grado 0-1. Riprendere alla dose di 480 mg due, volte al giorno (o interrompere definitivamente, se la dose è già stata diminuita a 480 mg, due volte al giorno).
    3a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 2 o 3, o persistenza dopo la 2a riduzione della dose
    Sospendere definitivamente.
    Grado 4
     
    1a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 4
    Sospendere definitivamente o interrompere il trattamento con vemurafenib fino al grado 0-1. Riprendere alla dose di 480 mg due, volte al giorno (o interrompere definitivamente se la dose è già stata ridotta a 480 mg, due volte al giorno).
    2a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 4 o persistenza di qualsiasi evento avverso di grado 4 dopo la 1a riduzione della dose
    Sospendere definitivamente.
    (a) L'intensità degli eventi avversi clinici è valutata secondo i Comuni Criteri della Terminologia per gli Eventi Avversi v4.0 (CTC-AE).
    Un prolungamento dell'intervallo QT, dipendente dall'esposizione, è stato osservato in uno studio non controllato, in aperto, di fase II, in pazienti che avevano già ricevuto trattamenti per il melanoma metastatico. È possibile che la gestione del prolungamento dell'intervallo QTc richieda misure di monitoraggio specifiche (vedere paragrafo 4.4).

    Tabella 2: Schema di modifica della dose in base al prolungamento dell'intervallo QT

    Valore QTc
    Modifica della dose raccomandata
    QTc>500 ms al basale
    Trattamento non raccomandato.
    L'aumento del QTc soddisfa sia valori > 500 ms che variazione >60 ms, rispetto ai valori di pre-trattamento
    Sospendere definitivamente.
    1a manifestazione del QTc >500 ms durante il trattamento e variazione rispetto al valore di pre-trattamento che rimane <60 ms
    Interrompere temporaneamente il trattamento fino a quando il valore di QTc non scende al di sotto di 500 ms.
    Vedere le misure di monitoraggio al paragrafo 4.4.
    Riprendere alla dose di 720 mg due volte al giorno (o 480 mg due volte al giorno, se la dose è già stata ridotta).
    2a manifestazione del QTc >500 ms durante il trattamento e variazione rispetto al valore di pre-trattamento che rimane <60 ms
    Interrompere temporaneamente il trattamento fino a quando il valore di QTc non scende al di sotto di 500 ms.
    Vedere le misure di monitoraggio al paragrafo 4.4.
    Riprendere alla dose di 480 mg due volte al giorno (o interrompere definitivamente, se la dose è già stata diminuita a 480 mg due volte al giorno).
    3a manifestazione del QTc >500 ms durante il trattamento e variazione rispetto al valore di pre-trattamento che rimane <60 ms
    Sospendere definitivamente.
    Popolazioni speciali
    Anziani
    Non è richiesta alcuna correzione speciale della dose in pazienti di età > 65 anni.
    Compromissione renale
    Nei pazienti con compromissione renale sono disponibili dati limitati. Nei pazienti con severa compromissione renale non è possibile escludere il rischio di un'aumentata esposizione. I pazienti con severa compromissione renale devono essere monitorati attentamente (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).
    Compromissione epatica
    Nei pazienti con compromissione epatica, sono disponibili dati limitati. Dal momento che vemurafenib viene eliminato a livello epatico, è possibile che i pazienti con compromissione epatica da moderata a severa possano avere un'aumentata esposizione e pertanto devono essere monitorati attentamente (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).
    Popolazione pediatrica
    Nei bambini di età inferiore a 18 anni, la sicurezza e l'efficacia di vemurafenib non sono state stabilite. I dati al momento disponibili sono riportati nei paragrafi 4.8, 5.1 e 5.2, ma non può essere fatta alcuna raccomandazione riguardante la posologia.
    Pazienti non caucasici
    In pazienti non caucasici, la sicurezza e l'efficacia di vemurafenib non sono state stabilite. Non ci sono dati disponibili.
    Modo di somministrazione
    Vemurafenib è per uso orale. Le compresse devono essere inghiottite intere con acqua. Non devono essere masticate o schiacciate.

    Controindicazioni

    Quando non dev'essere usato Zelboraf
    Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

    Avvertenze speciali e precauzioni di impiego

    Cosa serve sapere prima di prendere Zelboraf
    Prima di iniziare la terapia con Vemurafenib, si deve accertare la presenza della mutazione BRAF V600 nel tessuto tumorale dei pazienti, mediante un test validato. In pazienti con tumori che esprimono mutazioni rare del BRAF, diverse da V600E e V600K, l'efficacia e la sicurezza di vemurafenib non sono state dimostrate in modo convincente (vedere paragrafo 5.1). Vemurafenib non deve essere usato in pazienti con melanomi maligni BRAF “ceppo selvatico” (wild-type).
    Reazione di ipersensibilità
    Sono state segnalate gravi reazioni di ipersensibilità associate a vemurafenib, compresa l'anafilassi (vedere paragrafi 4.3 e 4.8). Tra le reazioni di ipersensibilità severe possono essere incluse la sindrome di Stevens-Johnson, eruzione cutanea generalizzata, eritema o ipotensione. In pazienti che manifestano reazioni di ipersensibilità severe, occorre interrompere definitivamente il trattamento con vemurafenib.
    Reazioni dermatologiche
    Durante lo studio clinico registrativo, nei pazienti trattati con vemurafenib sono state osservate reazioni dermatologiche severe, tra cui rari casi di sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica. Reazioni al farmaco, con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS), sono stati osservati in associazione a vemurafenib, successivamente alla commercializzazione (vedere paragrafo 4.8). Nei pazienti che manifestano una reazione dermatologica severa, il trattamento con vemurafenib deve essere definitivamente interrotto.
    Potenziamento della tossicità da radiazioni
    In pazienti trattati con radioterapia, prima, durante o successivamente al trattamento con vemurafenib, sono stati osservati casi di reazioni da richiamo e di sensibilizzazione da radiazioni. La maggior parte dei casi erano di natura cutanea, ma alcuni casi che hanno visto l'interessamento di organi viscerali, hanno avuto esito fatale (vedere paragrafi 4.5 e 4.8)
    Vemurafenib deve essere usato con cautela quando somministrato in concomitanza o successivamente a radioterapia.
    Prolungamento dell'intervallo QT
    Un prolungamento dell'intervallo QT, dipendente dall'esposizione, è stato osservato in uno studio non controllato, in aperto, di fase II, su pazienti che avevano già ricevuto trattamenti per il melanoma metastatico (vedere paragrafo 4.8). Il prolungamento dell'intervallo QT può tradursi in un aumento del rischio di aritmie ventricolari, compresa la Torsione di punta. Il trattamento con vemurafenib va evitato in pazienti con anomalie degli elettroliti (compreso il magnesio) non correggibili, sindrome del QT lungo, oppure che stanno assumendo medicinali noti per allungare l'intervallo QT.
    In tutti i pazienti, si devono monitorare l'elettrocardiogramma (ECG) e gli elettroliti (compreso il magnesio), prima del trattamento con vemurafenib, dopo un mese di trattamento e dopo la correzione della dose.
    In particolare, nei pazienti con compromissione epatica da moderata a severa, si raccomanda un ulteriore monitoraggio, con cadenza mensile durante i primi 3 mesi di trattamento, successivamente ogni 3 mesi o con frequenza maggiore se dettato da necessità cliniche. Non si raccomanda di iniziare un trattamento con vemurafenib in pazienti con QTc>500 millisecondi (ms). Se durante il trattamento il QTc supera 500 ms, si deve interrompere temporaneamente il trattamento con vemurafenib, correggere le anomalie degli elettroliti (compreso il magnesio) e controllare i fattori di rischio cardiaci per il prolungamento dell'intervallo QT (ad es., insufficienza cardiaca congestizia, bradiaritmie). Il trattamento deve essere ripreso una volta che il QTc sarà sceso al di sotto di 500 ms, e ad una dose inferiore, come descritto nella Tabella 2. Nel caso in cui l'aumento del tratto QTc abbia un valore sia >500 ms che >60 ms rispetto ai valori pre-trattamento, si raccomanda di interrompere definitivamente la somministrazione di vemurafenib.
    Reazioni oftalmologiche
    Sono state osservate gravi reazioni oftalmologiche, comprese uveite, irite e occlusione della vena retinica. I pazienti devono essere monitorati periodicamente per individuare eventuali reazioni oftalmologiche.
    Carcinoma cutaneo a cellule squamose (cuSCC)
    In pazienti trattati con vemurafenib, sono stati segnalati casi di cuSCC (compresi quelli classificati come cheratoacantoma o cheratoacantoma sottotipo misto) (vedere paragrafo 4.8).
    Su tutti i pazienti, si raccomanda di effettuare una valutazione dermatologica prima di iniziare la terapia e di monitorarli routinariamente durante il trattamento. Ogni eventuale lesione cutanea sospetta deve essere asportata, sottoposta a valutazione dermatopatologica e trattata secondo gli standard di assistenza in vigore a livello locale. Il medico che ha effettuato la prescrizione deve esaminare il paziente per cuSCC, durante il trattamento, con cadenza mensile e fino ai sei mesi successivi alla sospensione della terapia. Nei pazienti che sviluppano cuSCC, si raccomanda di continuare il trattamento senza correzione della dose. Il monitoraggio deve continuare per i 6 mesi successivi all'interruzione di vemurafenib o fino all'inizio di un'altra terapia antineoplastica. I pazienti devono essere istruiti a informare il medico nel caso in cui dovessero verificarsi alterazioni cutanee.
    Carcinoma non cutaneo a cellule squamose (non-cuSCC)
    In studi clinici, dove i pazienti sono stati trattati con vemurafenib, sono stati segnalati casi di non- cuSCC. I pazienti devono essere sottoposti all'esame della testa e del collo, consistente in almeno un'ispezione visiva della mucosa orale e nella palpazione dei linfonodi, prima di cominciare il trattamento e ogni 3 mesi durante il trattamento.
    Inoltre, i pazienti devono essere sottoposti a scansione mediante Tomografia Computerizzata (TC) del torace, prima del trattamento e ogni 6 mesi durante il trattamento.
    Si raccomandano esami anali e pelvici (per le donne) prima e alla fine del trattamento o quando considerato clinicamente indicato.
    Successivamente alla sospensione di vemurafenib, il monitoraggio di non-cuSCC deve continuare per un massimo di 6 mesi o fino all'inizio di un'altra terapia antineoplastica. I rilevamenti anomali devono essere gestiti secondo la pratica clinica.
    Nuovo melanoma primario
    Negli studi clinici, sono stati segnalati nuovi melanomi primari. I casi sono stati gestiti mediante asportazione locale e i pazienti hanno proseguito il trattamento senza correzione della dose. Per il carcinoma cutaneo a cellule squamose, il monitoraggio delle lesioni cutanee deve essere effettuato come descritto in precedenza.
    Altri tumori
    Sulla base del meccanismo d'azione, vemurafenib può causare progressione di tumori associati alle mutazioni di RAS (vedere paragrafo 4.8). In pazienti con un pregresso o concomitante tumore, associato alla mutazione di RAS, occorre considerare attentamente i benefici e i rischi prima della somministrazione di vemurafenib.
    Pancreatite
    In soggetti trattati con vemurafenib, sono stati osservati casi di pancreatite. Un dolore addominale di eziologia non certa, deve essere prontamente indagato (anche con la misurazione di amilasi e lipasi nel siero). I pazienti devono essere strettamente monitorati quando riprendono il trattamento con vemurafenib, dopo un episodio di pancreatite.
    Danni epatici
    Con vemurafenib, sono stati segnalati casi di danno epatico, inclusi casi di danno epatico severo (vedere paragrafo 4.8). Si devono misurare gli enzimi epatici (transaminasi e fosfatasi alcalina) e la bilirubina, prima di cominciare il trattamento e monitorare, con cadenza mensile, durante il trattamento o, comunque, in accordo alle necessità cliniche. Le anomalie nei risultati di laboratorio devono essere gestite mediante riduzione della dose, sospensione del trattamento o con la definitiva interruzione del trattamento (vedere paragrafi 4.2 e 4.8).

    Tossicità renale

    Con vemurafenib è stata osservata tossicità renale, da un aumento della creatinina sierica fino a nefrite interstiziale acuta e necrosi tubulare acuta. La creatinina sierica deve essere misurata prima dell'inizio del trattamento e monitorata durante il trattamento, in accordo alle necessità cliniche (vedere paragrafi 4.2 e 4.8).
    Compromissione epatica
    Nei pazienti con compromissione della funzionalità epatica, non è necessaria alcuna correzione della dose iniziale. I pazienti con compromissione epatica lieve, dovuta a metastasi epatiche, senza iperbilirubinemia, possono essere monitorati secondo le raccomandazioni generali. Sono disponibili solo dati molto limitati in pazienti con compromissione epatica da moderata a severa. I pazienti con compromissione epatica da moderata a severa possono incorrere in un'aumentata esposizione (vedere paragrafo 5.2). Pertanto è necessario un attento monitoraggio, in particolare dopo le prime settimane di trattamento, perché si può verificare un accumulo in un periodo di tempo prolungato (diverse settimane). Si raccomanda, inoltre, il monitoraggio con ECG, a cadenza mensile durante i primi tre mesi.
    Compromissione renale
    Nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata, non è necessaria alcuna correzione della dose iniziale. Sono disponibili solo dati limitati in pazienti con compromissione renale severa (vedere paragrafo 5.2). Vemurafenib deve essere utilizzato con cautela nei pazienti con compromissione renale severa, che devono essere monitorati attentamente.
    Fotosensibilità
    In pazienti a cui è stato somministrato vemurafenib, negli studi clinici, e stata osservata fotosensibilità, da lieve a severa (vedere paragrafo 4.8). A tutti i pazienti deve essere consigliato di evitare l'esposizione al sole durante la terapia con vemurafenib. Durante la terapia con il medicinale, ai pazienti deve essere consigliato di indossare indumenti protettivi e di utilizzare una protezione solare ad ampio spettro contro gli ultravioletti A (UVA)/ultravioletti B (UVB) e burro di cacao per le labbra (fattore di protezione ≥ 30), quando si trovano all'aperto, per proteggersi dalle scottature solari.
    Per fotosensibilità di grado 2 (intollerabile) o maggiore, si consiglia di apportare modifiche alla dose (vedere paragrafo 4.2).
    Contrattura di Dupuytren e fibromatosi della fascia plantare
    Con l'utilizzo di vemurafenib sono stati segnalati casi di contrattura di Dupuytren e fibromatosi della fascia plantare. La maggior parte dei casi è stata di severità da lieve a moderata, ma sono stati segnalati anche casi di contrattura di Dupuytren severi ed invalidanti (vedere paragrafo 4.8).
    Gli eventi devono essere gestiti attraverso una riduzione della dose, con la sospensione temporanea o l'interruzione definitiva del trattamento (vedere paragrafo 4.2).
    Effetti di vemurafenib su altri medicinali
    Vemurafenib può aumentare l'esposizione plasmatica di medicinali prevalentemente metabolizzati dal citocromo CYP1A2 e diminuire l'esposizione plasmatica di medicinali prevalentemente metabolizzati dal citocromo CYP3A4. L'uso concomitante di vemurafenib ed agenti metabolizzati da CYP1A2 e CYP3A4 con ridotte finestre terapeutiche, non è raccomandato. Per i medicinali prevalentemente metabolizzati mediante CYP1A2 o CYP3A4, si devono considerare correzioni della dose, sulla base delle loro finestre terapeutiche, prima di trattare in concomitanza con vemurafenib (vedere paragrafi 4.5 e 4.6).
    Quando si usa vemurafenib in concomitanza con warfarin, fare attenzione e considerare l'ipotesi di effettuare un ulteriore monitoraggio dell'INR (rapporto internazionale normalizzato).
    Vemurafenib può aumentare l'esposizione plasmatica di medicinali che sono substrati della P-gp (glicoproteina-P).
    Quando vemurafenib viene somministrato in concomitanza con substrati della P-gp, occorre prestare cautela. Può essere considerata una riduzione della dose e/o un monitoraggio addizionale dei livelli di medicinali, con ristretto indice terapeutico, substrati della P-gp (NTI) (ad es., digossina, dabigatran etexilato, aliskiren), quando tali medicinali sono usati in concomitanza con vemurafenib (vedere paragrafo 4.5).
    Effetti di altri medicinali su vemurafenib
    La somministrazione concomitante di forti induttori di CYP3A4, P-gp e glucoronidazione (ad es., rifampicina, rifabutina, carbamazepina, fenitoina o erba di San Giovanni [ipericina]), deve essere evitata, quando possibile, perché può portare ad una ridotta esposizione di vemurafenib (vedere paragrafo 4.5). Per mantenere l'efficacia di vemurafenib, si deve considerare un trattamento alternativo provvisto di minore potenziale di induzione. Deve essere usata cautela quando vemurafenib viene somministrato con forti inibitori del CYP3A4/P-gp. II pazienti devono essere monitorati attentamente per gli eventi avversi e, se clinicamente indicato, si deve considerare un aggiustamento della dose (vedere Tabella 1 al paragrafo 4.2).
    Co-somministrazione con ipilimumab
    In uno studio di Fase I, a seguito della co-somministrazione di ipilimumab (3 mg/kg) e vemurafenib (960 mg BID or 720 mg BID), è stato osservato l'aumento asintomatico di grado 3 delle transaminasi (ALT/AST >5x ULN) e della bilirubina (bilirubina totale >3x ULN). Sulla base di questi dati preliminari, la somministrazione di ipilimumab e vemurafenib non è raccomandata.

    Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione

    Quali farmaci o alimenti possono modificare l'effetto di Zelboraf
    Effetti di vemurafenib sugli enzimi farmaco-metabolizzanti
    I risultati di uno studio di interazione farmacologica, in vivo, condotto su pazienti affetti da melanoma metastatico, hanno dimostrato che vemurafenib è un inibitore moderato del CYP1A2 e un induttore del CYP3A4.
    L'uso concomitante di vemurafenib con agenti metabolizzati da CYP1A2 e con ridotte finestre terapeutiche (ad es., agomelatina, alosetron, duloxetina, melatonina, ramelteon, tacrina, tizanidina, teofillina) non è raccomandato. Se la co-somministrazione non può essere evitata, occorre prestare cautela, in quanto vemurafenib può incrementare l'esposizione plasmatica di farmaci che sono substrati del CYP1A2. Se clinicamente indicato, è possibile valutare una riduzione della dose del farmaco concomitante, substrato del CYP1A2. In uno studio clinico, la co-somministrazione di vemurafenib ha incrementato l'esposizione plasmatica (AUC) della caffeina (substrato del CYP1A2) di 2,6 volte. In un altro studio clinico, vemurafenib ha aumentato Cmax e AUCinf di una singola dose da 2 mg di tizanidina (substrato del CYP1A2) approssimativamente di 2,2 volte e di 4,7 volte, rispettivamente.
    L'uso concomitante di vemurafenib ed agenti metabolizzati dal CYP3A4, con ristrette finestre terapeutiche, non è raccomandato. Se la co-somministrazione non può essere evitata, occorre considerare che vemurafenib può ridurre la concentrazione plasmatica dei substrati del CYP3A4 e in tal modo la loro efficacia può essere alterata. Su questa base, l'efficacia delle pillole contraccettive metabolizzate dal CYP3A4, usate in concomitanza con vemurafenib, può essere ridotta. Per i substrati del con ristretto indice terapeutico, possono essere considerate correzioni della dose, se clinicamente indicato (vedere paragrafi 4.4 e 4.6).
    In uno studio clinico, la co-somministrazione di vemurafenib ha ridotto l'AUC di midazolam (substrato del) di circa il 39% (massima riduzione fino all'80%).
    Con una concentrazione di vemurafenib di 10 µM, si è osservata, in vitro, una lieve induzione del CYP2B6, causata dal medicinale. Al momento non è noto se vemurafenib, a un livello plasmatico di 100 µM, osservato in pazienti allo stato stazionario (approssimativamente 50 µg/ml), possa diminuire le concentrazioni plasmatiche di substrati del CYP2B6, ad es., il bupropione, somministrati in concomitanza.
    La co-somministrazione di vemurafenib ha incrementato l'AUC di S-warfarin (substrato del CYP2C9), del 18% Durante l'uso concomitante di vemurafenib e warfarin occorre prestare cautela e valutare un ulteriore monitoraggio dell'INR (rapporto internazionale normalizzato) (vedere paragrafo 4.4).
    Vemurafenib, in vitro, inibisce moderatamente CYP2C8. La rilevanza in vivo di questo dato non è nota, ma non si può escludere il rischio di un effetto clinicamente rilevante, in caso di somministrazione concomitante dei substrati di CYP2C8. La somministrazione concomitante di substrati del CYP2C8, con una ridotta finestra terapeutica, deve essere effettuata con cautela, in quanto vemurafenib può aumentare le loro concentrazioni.
    In considerazione della lunga emivita di vemurafenib, il completo effetto inibitorio di vemurafenib su un medicinale concomitante può non essere osservato prima di 8 giorni di trattamento con vemurafenib.
    Al termine del trattamento con vemurafenib, può essere necessario un periodo di washout di 8 giorni per evitare interazioni con un trattamento successivo.
    Radioterapia
    In pazienti trattati con vemurafenib, è stato osservato un potenziamento della tossicità da radioterapia (vedere paragrafi 4.4 e 4.8). Nella maggior parte dei casi i pazienti avevano ricevuto regimi di radioterapia con dosi maggiori o uguali a 2 Gy/giorno (regimi ipofrazionati).
    Effetti di vemurafenib sui sistemi di trasporto dei farmaci
    Studi in vitro hanno dimostrato che vemurafenib è un inibitore dei trasportatori di efflusso P- glicoproteina (P-gp) e proteina resistente al cancro della mammella (BCRP).
    Uno studio di interazione farmacologica clinica ha dimostrato che dosi orali multiple di vemurafenib (960 mg, due volte al giorno), hanno aumentato l'esposizione di una singola dose orale del substrato P- gp digossina, approssimativamente di 1,8 e 1,5 volte per AUClast e Cmax della digossina, rispettivamente.
    Deve essere prestata cautela nel dosaggio di vemurafenib, quando usato in concomitanza con substrati della P-gp (ad es., aliskiren, ambrisentan, colchicina, dabigatran etexilato, digossina, everolimus, fexofenadina, lapatinib, maraviroc, nilotinib, posaconazolo, ranolazina, sirolimus, sitagliptin, talinololo, topotecan) e, se clinicamente indicato, può essere presa in considerazione una riduzione della dose del medicinale somministrato in concomitanza.
    Bisogna considerare un monitoraggio addizionale dei livelli di medicinali substrati di P-gp, con un indice ristretto terapeutico (ad es., digossina, dabigatran etexilato, aliskiren) (vedere paragrafo 4.4).
    Gli effetti di vemurafenib sui medicinali che sono substrati di BCRP non sono noti.
    Non si può escludere che vemurafenib possa aumentare l'esposizione di medicinali trasportati dal BCRP (ad es., metotrexato, mitoxantrone, rosuvastatina). Molti medicinali antitumorali sono substrati del BCRP e pertanto esiste un rischio teorico di interazione con vemurafenib.
    I possibili effetti di vemurafenib su altri trasportatori, al momento, non sono noti.
    Effetti dei medicinali concomitanti su vemurafenib
    Studi in vitro indicano che il metabolismo del CYP3A4 e la glucuronidazione, sono responsabili del metabolismo di vemurafenib. L'escrezione biliare sembra essere un'altra via importante di eliminazione. Studi in vitro hanno dimostrato che vemurafenib è un substrato dei trasportatori di efflusso della P-gp e BCRP. Al momento non è noto se vemurafenib è un substrato anche di altre proteine di trasporto. La somministrazione concomitante di forti inibitori o induttori del CYP3A4 o inibitori/induttori dell'attività della proteina di trasporto, può alterare le concentrazioni di vemurafenib. La somministrazione concomitante di itraconazolo, un forte inibitore del CYP3A4/Pgp, ha incrementato l'AUC di vemurafenib allo stato stazionario del 40% circa. Vemurafenib deve essere utilizzato con cautela, quando somministrato in associazione con forti inibitori del CYP3A4, della glucuronidazione e/o delle proteine di trasporto (ad es., ritonavir, saquinavir, telitromicina, ketoconazolo, itraconazolo, voriconazolo, posaconazolo, nefazodone, atazanavir).
    Pazienti co-trattati con questi agenti devono essere monitorati attentamente per gli eventi avversi e, se clinicamente indicato, si deve considerare un aggiustamento della dose (vedere Tabella 1 al paragrafo 4.2).

    In uno studio clinico, la somministrazione concomitante di una singola dose di 960 mg di vemurafenib con rifampicina, ha ridotto significativamente (40% circa) l'esposizione plasmatica di vemurafenib.

    La somministrazione concomitante di forti induttori di P-gp, glucuronidazione e/o CYP3A4 (ad es., rifampicina, rifabutina, carbamazepina, fenitoina, erba di San Giovanni [Hypericum perforatum]), può portare a un'esposizione subottimale a vemurafenib, pertanto deve essere evitata.
    Gli effetti degli inibitori di P-gp e BCPR che non sono anche forti inibitori del CYP3A4 non sono noti. Non è possibile escludere che la farmacocinetica di vemurafenib possa essere compromessa da alcuni medicinali attraverso l'influenza sulla P-gp (ad es., verapamil, ciclosporina, chinidina,) o BCRP (ad es., ciclosporina, gefitinib).


    Interazioni riportate su letteratura scientifica internazionale
    Prima di prendere "Zelboraf" insieme ad altri farmaci come “Aloperidolo Galenica Senese”, “Aloperidolo Pensa”, “Aloperidolo Salf”, “Aminofillina Galenica Senese”, “Aminofillina Salf”, “Amiodar - Compressa”, “Amiodarone Cloridrato Bioindustria L.I.M.”, “Amiodarone EG”, “Amiodarone Hikma”, “Amiodarone Mylan”, “Amiodarone Ratiopharm Italia”, “Amiodarone Sandoz”, “Amiodarone Zentiva”, “Amiodar - Soluzione (uso Interno)”, “Amisulpride Aurobindo”, “Amisulpride DOC”, “Amisulpride Eg”, “Amisulpride Mylan”, “Arsenico Triossido EG”, “Atarax”, “Aurantin - Soluzione (uso Interno)”, “Avalox - Compresse Rivestite”, “Avalox - Soluzione (uso Interno)”, “Caprelsa”, “Carbamazepina EG”, “Carbamazepina Zentiva - Compressa A Rilascio Modificato”, “Cordarone - Compressa”, “Cordarone - Soluzione (uso Interno)”, “Corlentor”, “Corvert”, “Deltyba”, “Deniban”, “Dintoina”, “Dintoinale”, “Dronedarone Aristo”, “Droperidolo Hikma”, “Droperidolo Kalceks”, “Droperidolo Sintetica”, “Eptadone”, “Fareston”, “Fenitoina Hikma”, “Fenobarbitale Sodico Salf”, “Firacrono”, “Gamibetal Complex”, “Gardenale”, “Gealevide”, “Haldol - Compressa, Gocce”, “Haldol Decanoas”, “Haldol - Soluzione”, “Ivabradina Accord”, “Ivabradina Aurobindo”, “Ivabradina Doc Generici”, “Ivabradina EG”, “Ivabradina Krka”, “Ivabradina Mylan Pharma”, “Ivabradina Teva Italia”, “Ivabradina Zentiva”, “Luminale - Compressa”, “Luminale - Soluzione (uso Interno)”, “Metadone Cloridrato Molteni”, “Moxidrop”, “Moxifloxacina Aurobindo”, “Moxifloxacina Krka”, “Moxifloxacina Pensa”, “Moxifloxacina Teva”, “Multaq”, “Mysoline”, “Navizan”, “Nervaxon”, “Nozinan”, “Omtisa”, “Orap”, “Oxa”, “Procoralan”, “Quimox”, “Rifadin”, “Rifater”, “Rifinah”, “Rifocin”, “Ritmodan”, “Ritmodan Retard”, “Ryeqo”, “Rytmobeta”, “Serenase”, “Signifor - Soluzione (uso Interno)”, “Sirdalud”, “Sirturo”, “Solian”, “Sotalex”, “Sotalolo Hexal”, “Sotalolo Mylan Generics”, “Sotalolo Teva”, “Stadmycin”, “Sulamid”, “Tegretol”, “Theo-Dur”, “Tizagelan”, “Triossido Di Arsenico Accord”, “Triossido Di Arsenico Medac”, “Trisenox”, “Vigamox”, “Yervoy”, “Zaroxolyn”, “Ziprasidone Sandoz”, etc.., chiedi al tuo al tuo medico o farmacista di fiducia di verificare che sia sicuro e non dannoso per la tua salute ...

    Fertilità, gravidanza e allattamento

    Donne in età fertile/Contraccezione nelle donne
    Le donne in età fertile devono utilizzare un metodo contraccettivo efficace durante il trattamento e per almeno 6 mesi dopo il trattamento.
    È possibile che Vemurafenib provochi una diminuzione dell'efficacia dei contraccettivi ormonali (vedere paragrafo 4.5).
    Gravidanza
    Non esistono dati sull'utilizzo di vemurafenib in donne in gravidanza.
    Vemurafenib non ha mostrato alcuna evidenza di teratogenicità, su embrioni/feti di ratto o coniglio (vedere paragrafo 5.3). In studi sugli animali è stato osservato che vemurafenib attraversa la placenta. Per via del suo meccanismo d'azione, vemurafenib può causare danno fetale quando somministrato a donne in gravidanza. Vemurafenib non deve essere somministrato a donne in gravidanza, a meno che il beneficio potenziale per la madre superi il rischio potenziale per il feto.
    Allattamento
    Non è noto se vemurafenib sia escreto nel latte materno. Il rischio per i neonati/lattanti non può essere escluso. Deve essere presa la decisione se interrompere l'allattamento o interrompere la terapia con vemurafenib, tenendo in considerazione il beneficio dell'allattamento per il bambino e il beneficio della terapia per la donna.
    Fertilità
    Negli animali, non sono stati effettuati studi specifici con vemurafenib per valutarne l'effetto sulla fertilità. Tuttavia, in studi di tossicità a dose ripetuta, condotti su ratti e cani, non sono stati rilevati reperti istopatologici negli organi riproduttivi maschili e femminili (vedere paragrafo 5.3).

    Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari

    Vemurafenib ha un'influenza trascurabile sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari. I pazienti devono essere consapevoli del potenziale affaticamento o dei potenziali problemi di vista che possono controindicare la guida.

    Effetti indesiderati

    Quali sono gli effetti collaterali di Zelboraf
    Riassunto del profilo di sicurezza
    Le più comuni reazioni avverse da farmaco (ADR), di qualsiasi grado (> 30%), segnalate con Vemurafenib, comprendono, artralgia, stanchezza, eruzione cutanea, reazione di fotosensibilità, alopecia, nausea, diarrea, cefalea, prurito, vomito, papilloma della cute e ipercheratosi. Le ADR più comuni (≥ 5%), di grado 3, sono state cuSCC, cheratoacantoma, eruzione cutanea, artralgia gamma- glutamil transferasi (GGT) aumentata. Il più comune trattamento di CuSCC è stato mediante asportazione locale.
    Tabella riassuntiva delle reazioni avverse
    Le ADR che sono state segnalate in pazienti con melanoma sono elencate qui di seguito, secondo la classificazione MedDRA per sistemi e organi, frequenza e ordine di gravità. Per la classificazione della frequenza ci si è avvalsi della seguente convenzione:
    Molto comune ≥ 1/10
    Comune ≥ 1/100, < 1/10
    Non comune ≥1/1.000, < 1/100
    Raro ≥ 1/10.000, < 1/1.000
    Molto raro < 1/10.000
    Nel presente paragrafo, le ADR si basano sui risultati ottenuti in 468 pazienti, trattati in uno studio in aperto, randomizzato, di fase III, in pazienti adulti con melanoma positivo per la mutazione del BRAF V600, inoperabile o allo stadio IV, nonché di uno studio a singolo braccio, in fase II, in pazienti con melanoma positivo per la mutazione del BRAF V600, allo stadio IV, nei quali in precedenza almeno una terapia sistemica non aveva dato buon esito (vedere paragrafo 5.1). In aggiunta, sono riportate le ADR derivanti da rapporti di sicurezza (safety reports), nell'ambito di tutti gli studi clinici e successivamente alla commercializzazione. Tutti i termini compresi si basano sulla percentuale più elevata osservata tra gli studi clinici di fase II e di fase III. All'interno di ciascun gruppo di frequenza, le ADR vengono presentate in ordine di gravità decrescente e sono state segnalate usando NCI- CTCAE v 4.0 per la valutazione della tossicità (criteri comuni di tossicità).
    Tabella 3: ADR che si sono manifestate in pazienti trattati con vemurafenib nello studio di fase II o di fase III e eventi riportati nei rapporti di sicurezza (safety reports), nell'ambito di tutti gli studi clinici(1) e successivamente alla commercializzazione (2). 
    Classificazione sistemica organica
    Molto comune
    Comune
    Non comune
    Raro
    Infezioni ed infestazioni
     
    Follicolite
     
     
    Tumori benigni, maligni e non specificati (incl. cisti e polipi)
    Carcinoma a cellule squamose della cute (d), cheratoacantoma, cheratosi seborroica,
    papilloma della cute
    Carcinoma a cellule basali, nuovo melanoma primario(3)
    non-cuSCC(1)(3)
    Leucemia Mielomonocitica cronica (CMML) (2)(4), Adenocarcinoma
    pancreatico(5)
    Patologie del sistema emolinfopoietico
     
    Neutropenia, trombocitopenia (6)
     
     
    Disturbi del sistema immunitario
     
     
     
    Sarcoidosi (1)(2)(j)
    Disturbi del metabolismo e della nutrizione
    Appetito ridotto
     
     
     
    Patologie del sistema nervoso
    Cefalea, disgeusia, capogiri
    Paralisi del settimo nervo, neuropatia periferica
     
     
    Patologie dell'occhio
     
    Uveite,
    Occlusione della vena
    retinica, iridociclite
     
    Patologie vascolari
     
    Vasculite
     
     
    Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
    Tosse
     
     
     
    Patologie gastrointestinali
    Diarrea, vomito, nausea, costipazione
    Stomatite
    Pancreatite(2)
     
    Patologie epatobiliari
     
     
    Lesione epatica(1)(2) (g)
     
    Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
    Reazione di fotosensibilità, cheratosi attinica, eruzione cutanea, eruzione cutanea maculo-papulare, prurito, ipercheratosi, eritema, eritrodisestesia palmo-plantare, alopecia, cute secca,
    ustione solare
    Eruzione cutanea papulare, pannicolite (incluso eritema nodoso), cheratosi pilare
    Necrolisi epidermica tossica (e), sindrome di Stevens-Johnson (f)
    Reazione da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici (1)(2)
    Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
    Artralgia, mialgia, dolore ad un arto, dolore muscoloscheletrico,
    dolore dorsale,
    Artrite
    Fibromatosi della fascia plantare (1)(2) Contrattura di Dupuytren(1)(2)
     
    Patologie renali e urinarie
     
     
     
    Nefrite interstiziale
    acuta(1)(2) (h), necrosi tubulare acuta (1)(2) (h)
    Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione
    Stanchezza, piressia, edema periferico, astenia
     
     
     
    Esami diagnostici
     
    ALT aumentata (c), fosfatasi alcalina aumentata (c), AST aumentata (c), bilirubina aumentata (c), GGT aumentata (c), peso diminuito, QT dell'elettrocardiogramma prolungato, creatinina ematica aumentata(1)(2) (h)
     
     
    Traumatismi, intossicazioni e complicazioni da procedura
     
    Potenziamento della tossicità da radiazioni(1) (2) (i)
     
     
    (1) Eventi riportati nei rapporti di sicurezza (safety reports) nell'ambito di tutti gli studi clinici
    (2) Eventi riportati successivamente alla immissione in commercio
    (3) È ragionevole ipotizzare una relazione di causalità tra il medicinale e l'evento avverso
    (4) Progressione di una pre-esistente leucemia mielomonocitica cronica con mutazione di NRAS.
    (5) Progressione di un pre-esistente adenocarcinoma pancreatico con mutazioni KRAS
    (6) Calcolato sulla base di studi di fase II e di fase III.

    Descrizione di reazioni avverse selezionate

    Enzimi epatici aumentati (c)
    Le alterazioni enzimatiche epatiche rilevate nello studio clinico di fase III, vengono riportate di seguito come percentuale di pazienti che hanno avuto un incremento degli enzimi epatici fino al grado 3 o 4, rispetto al valore basale:
    • Molto comune: GGT
    • Comune: ALT, fosfatasi alcalina, bilirubina
    • Non comune: AST
    Non sono stati registrati aumenti di ALT, fosfatasi alcalina o bilirubina di grado 4.
    Lesione epatica(g)
    Sulla base dei criteri di lesione epatica indotta dal farmaco, sviluppati da un gruppo di lavoro internazionale di esperti clinici e scienziati, la lesione epatica è stata definita come una qualsiasi delle seguenti anomalie dei valori di laboratorio:
    • ≥ 5x ULN ALT
    • ≥ 2x ULN ALP (senza altre cause di aumento di ALP)
    • ≥ 3x ULN ALT con aumento simultaneo della concentrazione di birilubina > 2x ULN
    Carcinoma cutaneo a cellule squamose (cuSCC) (d)
    In pazienti trattati con vemurafenib sono stati segnalati casi di cuSCC. Nell'ambito di studi clinici, in pazienti trattati con vemurafenib, l'incidenza di cuSCC è stata di circa il 20%. La maggioranza delle lesioni asportate, esaminate da un laboratorio dermopatologico centrale indipendente, è stata classificata come SCC-sottotipo cheratoacantoma o con elementi misti-cheratoacantoma (52%). La maggior parte delle lesioni classificate come “altra” (43%) erano lesioni cutanee benigne (ad es., verruca volgare, cheratosi attinica, cheratosi benigna, cisti/cisti benigna). Normalmente il cuSCC si manifestava in una fase precoce del trattamento, con un tempo mediano alla prima insorgenza di 7 o 8 settimane. Dei pazienti che hanno sviluppato cuSCC, circa il 33% ha sviluppato >1 manifestazione, con un tempo mediano tra le manifestazioni pari a 6 settimane. Di norma i casi di cuSCC sono stati gestiti mediante semplice asportazione e generalmente i pazienti continuavano il trattamento senza modifica della dose (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).
    Carcinoma non cutaneo a cellule squamose (non-cuSCC)
    In pazienti in trattamento con vemurafenib, mentre erano arruolati negli studi clinici, sono stati segnalati casi di non-cuSCC. Il monitoraggio di non-cuSCC deve essere effettuato come riportato nel paragrafo 4.4.
    Nuovo melanoma primario
    Negli studi clinici, sono stati segnalati nuovi melanomi primari. Questi casi sono stati gestiti mediante asportazione ed i pazienti hanno proseguito il trattamento senza correzione della dose. Il monitoraggio delle lesioni cutanee deve avvenire come definito al paragrafo 4.4.
    Potenziamento della tossicità da radiazioni(i)
    I casi segnalati includono fenomeno di richiamo, lesioni cutanee da radiazioni, polmonite da radiazioni, esofagite da radiazioni, proctite da radiazioni, epatite da radiazioni, cistite da radiazioni, e necrosi da radiazioni.
    In uno studio clinico di fase III (MO25515, n= 3219), è stata osservata una più alta incidenza del potenziamento della tossicità da radiazioni, quando i pazienti trattati con vemurafenib hanno ricevuto radioterapia prima e durante la terapia con vemurafenib (9,1%), rispetto a quei pazienti trattati con radioterapia e vemurafenib contemporaneamente (5,2%) o a quelli per i quali la radioterapia è stata precedente al trattamento con vemurafenib (1,5%).
    Reazioni di ipersensibilità(e)
    Sono state segnalate gravi reazioni di ipersensibilità, compresa l'anafilassi, in associazione a vemurafenib. Tra le reazioni di ipersensibilità severe essere sono in incluse la sindrome di Stevens-Johnson, eruzione cutanea generalizzata, eritema o ipotensione. In pazienti che manifestano reazioni di ipersensibilità severe, occorre interrompere definitivamente il trattamento con vemurafenib (vedere paragrafo 4.4).
    Reazioni dermatologiche (f)
    Nei pazienti trattati con vemurafenib, nello studio clinico registrativo, sono state osservate reazioni dermatologiche severe, tra cui rari casi di sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica. Nei pazienti che manifestano una reazione dermatologica severa, occorre interrompere definitivamente il trattamento con vemurafenib.
    Prolungamento dell'intervallo QT
    L'analisi dei dati ECG centralizzati, provenienti da un sotto-studio QT di fase II, non controllato, in aperto, condotto su 132 pazienti a cui era stata somministrata una dose di vemurafenib di 960 mg, due volte al giorno (NP22657), ha evidenziato un prolungamento del QTc, dipendente dall'esposizione.
    L'effetto QTc medio è rimasto stabile tra 12 e 15 ms, oltre il primo mese di trattamento, con il maggiore prolungamento medio del QTc (15,1 ms; IC superiore 95%: 17,7 ms), osservato entro i primi 6 mesi (n=90 pazienti). Due pazienti (1,5%) hanno sviluppato valori assoluti di QTc emergenti col trattamento >500 ms (CTC Grado 3) e solo un paziente (0,8%) ha mostrato un cambiamento di QTc dai valori basali di >60 ms (vedere paragrafo 4.4).
    Danno renale acuto(h)
    Con vemurafenib, sono stati riportati casi di tossicità renale, dall'aumento della creatinina fino a nefrite interstiziale acuta e necrosi tubulare acuta, alcuni osservati in un contesto di eventi di disidratazione. Aumenti di creatinina sierica sono stati nella maggior parte dei casi di entità da lieve (>1-1.5x ULN) a moderata (>1.5-3x ULN) ed è stato osservato essere reversibili (vedere tabella 4).
    Tabella 4: Modifiche della creatinina dal valore basale nello studio di fase III 
     
    Vemurafenib (%)
    Dacarbazina (%)
    Modifica ≥ 1 grado, dal basale a qualsiasi altro grado
    27,9
    6,1
    Modifica ≥ 1 grade, dal basale al grado 3 o maggiore
    1,2
    1,1
    - Al grado 3
    0,3
    0,4
    - Al grado 4
    0,9
    0,8
    Tabella 5: Casi di danno renale acuto nello studio di fase III
     
    Vemurafenib (%)
    Dacarbazina (%)
    Casi di lesione renale acuta*
    10,0
    1,4
    Casi di lesione renale acuta associati ad eventi di disidratazione
    5,5
    1,0
    Dose modificata per lesione renale acuta
    2,1
    0
    Tutte le percentuali sono espresse come casi sul totale dei pazienti, esposti a ciascun medicinale.
    * Comprende la lesione renale acuta, compromissione renale e anomalie di laboratorio, coerenti con la lesione renale acuta.
    Sarcoidosi (j)
    Nei pazienti trattati con vemurafenib sono stati osservati casi di sarcoidosi, che per lo più hanno visto l'interessamento di pelle, polmoni ed occhi. Nella maggior parte dei casi, vemurafenib è stato mantenuto e l'evento di sarcoidosi si è risolto o è persistito.
    Popolazioni speciali
    Anziani
    Nello studio di fase III, 94 (28%) dei 336 pazienti con melanoma inoperabile o metastatico, trattati con vemurafenib avevano ≥ 65 anni. Nei pazienti anziani (≥ 65 anni), c'è una probabilità maggiore che si verifichino reazioni avverse, compresi cuSCC, diminuzione dell'appetito e disturbi cardiaci.

    Genere

    Durante gli studi clinici con vemurafenib, le reazioni avverse di grado 3, più frequentemente segnalate in pazienti di sesso femminile, rispetto a quelli di sesso maschile, sono state eruzione cutanea, artralgia e fotosensibilità.
    Popolazione pediatrica
    La sicurezza di vemurafenib nei bambini e negli adolescenti non è stata stabilita. Da uno studio clinico condotto su sei pazienti adolescenti, non è emerso alcun nuovo segnale di sicurezza.
    Segnalazione delle reazioni avverse sospette
    La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l'autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato all'indirizzo https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse.

    Sovradosaggio

    Cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Zelboraf
    Non esiste alcun antidoto specifico per il sovradosaggio di Vemurafenib. I pazienti che sviluppano reazioni avverse devono ricevere un adeguato trattamento sintomatico. Nel corso di studi clinici, non si sono osservati casi di sovradosaggio con vemurafenib. In caso di sospetto sovradosaggio, occorre interrompere vemurafenib e iniziare una terapia di supporto.

    Scadenza

    3 anni.

    Conservazione

    Conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dall'umidità.

    Foglietto Illustrativo


    Fonti Ufficiali


    Servizi Avanzati


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